Quasi vent'anni

Luglio 2008
Quasi vent'anni è il tempo passato dal momento in cui l'ho conosciuta.
Quello che è scattato allora è già stato oggetto di pagine e filmografia, poi il tempo ha avuto ragione per un lungo periodo. Il pensiero era sempre a lei, a quello che era stato, che avrebbe potuto essere.
Persa di vista, senza contatti, sono passati anni alterni nei quali il bisogno di ritrovarla era asfissiante e sopito ma sempre presente.
Poi tramite altre conoscenze ho saputo dove si trovava; ho aspettato parecchio prima di chiamarla, dopo tutto quel tempo ero ancora più indeciso.
Dopo il primo appuntamento - neutro, asettico, falso - non ce l'ho fatta più, sono ritornato a vent'anni prima ed ho preso una porta in faccia.
"E' tutto finito", ho pensato, insieme alla porta si era chiuso anche il passato: cancellato.
Ma era come il mare che si gonfia al largo, non si vede, ma, quando arrivano, le sue ondate sommergono e spazzano via gli ostacoli. E' squillato il telefono, ho riconosciuto il suo numero. Un uragano.

martedì 8 dicembre 2009

Normalità e speranza

Erano nella loro posizione preferita: sdraiati uno di fronte all'altra con le braccia che passavano sotto i fianchi e raggiungevano le schiene in un abbraccio amorevole. In silenzio si guardavano ed ogni tanto lei interrompeva lo sguardo ed appoggiava la testa sul petto di lui stringendosi ancora di più.
Nel loro microcosmo di quelle quattro mura clandestine e mercenarie era permesso fantasticare e lei riprese un argomento che avevano iniziato giorni prima, via email.
"Russi di notte?"
"Sì", rispose lui, strascicando la 'i' ed abbassandola contemporaneamente di tonalità, guardandola con atteggiamento colpevole come se davvero fosse mai possibile passare una notte insieme. Ma sulla loro isola che non c'è era consentito anche questo: immaginare chissà quale combinazione futura di circostanze per le quali si sarebbe realizzato un evento normale, anche se comunque a tempo determinato.
"Di me dicono che boccheggi; sai, il verso dei pesci"
Ne risero sottovoce, poi lei aggiunse, quasi con lo stesso tono di scusa che aveva usato lui poco prima: "Digrigno anche i denti".
Commentarono la strana combinazione di rumori che si sarebbe sentita uscire dalla loro camera da letto, poi si fermarono di colpo, abbracciandosi ancora di più.
"Mi piace stringerti, come se potessi assorbirti attraverso la pelle e portarti con me", disse lei.
A nessuno dei due importava di quel mondo senza futuro che si costruivano ogni volta, erano comunque disposti a vederselo cancellare appena usciti da quella stanza e pronti a ricrearlo da capo alla prossima occasione, realtà possibile a tempo determinato.
Fecero l'amore ancora una volta, sapevano che si stava facendo tardi ma non ebbero fretta e la concentrazione e la felicità esplosero di nuovo.