Quasi vent'anni

Luglio 2008
Quasi vent'anni è il tempo passato dal momento in cui l'ho conosciuta.
Quello che è scattato allora è già stato oggetto di pagine e filmografia, poi il tempo ha avuto ragione per un lungo periodo. Il pensiero era sempre a lei, a quello che era stato, che avrebbe potuto essere.
Persa di vista, senza contatti, sono passati anni alterni nei quali il bisogno di ritrovarla era asfissiante e sopito ma sempre presente.
Poi tramite altre conoscenze ho saputo dove si trovava; ho aspettato parecchio prima di chiamarla, dopo tutto quel tempo ero ancora più indeciso.
Dopo il primo appuntamento - neutro, asettico, falso - non ce l'ho fatta più, sono ritornato a vent'anni prima ed ho preso una porta in faccia.
"E' tutto finito", ho pensato, insieme alla porta si era chiuso anche il passato: cancellato.
Ma era come il mare che si gonfia al largo, non si vede, ma, quando arrivano, le sue ondate sommergono e spazzano via gli ostacoli. E' squillato il telefono, ho riconosciuto il suo numero. Un uragano.

sabato 19 febbraio 2011

Macigni

Mi rimbomba nella testa il rotolare dei massi che portano le tue ultime parole, la tua filosofia di vita, così come la chiami, del niente che è meglio del poco e della richiesta di non voler essere più contattata.
Precedentemente mi hai scritto parole urlate, sprezzanti, bollandomi come patetico e respingendo il ruolo di crocerossina che dicevi ti avevo riservato, quando ti imploravo di trovare una possibile alternativa al di fuori dell'amore che tanto ti spaventa. Mi hai perfino messo dalla parte di quelli che 'basta che me la dai'.
Possibile che sia riuscita a smettere di amarmi così improvvisamente? Se rileggo quello che ci siamo scritti, il sentimento di cui erano piene le parole che mi hai dedicato e che rimangono non riesco a trarre una conclusione da tutto ciò, se non quella che io resto profondamente innamorato di te, perciò viziato nei miei giudizi, quindi rimarrò sospeso, in silenzio, all'illusione di risentirti prima o poi.


mercoledì 2 febbraio 2011

Tutto cambia, niente è diverso

Rivederti ieri è stato insieme doloroso e curativo. Ti ho visto arrivare nel vialetto che conduce dagli uffici al cancello ed ho provato quello che mi aspettavo, la stretta allo stomaco di ogni volta, la sensazione di avere qualche linea di febbre che ti costringe a tenere a fuoco un obiettivo preciso lasciando sfumare il resto che c'è attorno.
Sono stato anche fortunato nel trovare un parcheggio che mi lasciava la vista libera oltre al fatto che sei uscita con un tuo collega e ti sei fermata a parlare con lui brevemente, dandomi qualche secondo in più per guardarti. Non potevi vedermi chiuso com'ero in macchina, era buio e certo non ti aspettavi di avermi lì, così hai salutato il collega, hai percorso i pochi metri che ti separavano dall'auto e sei partita.
Durante il ritorno non ho potuto fare altro che ricordare quando facevo la stessa strada e per un po' ho ritrovato quella felicità di allora nel pensare alla nostra giornata insieme; le immagini passate si mischiavano ai sogni di oggi, noi ancora abbracciati che ci raccontiamo quanto sia stato orribile questo periodo.
Pur sapendo che nulla cambierà ho trovato conforto nel vederti di nuovo, anche se da lontano e di nascosto; sono stato contento di provare la sensazione dell'adrenalina che se ne va lasciando il posto alla stanchezza e l'ho interpretato come la conferma che, nonostante le diverse circostanze, per me niente è cambiato, la forma e l'intensità dei miei sentimenti sono ancora gli stessi.