Cosa c'è di peggio di un fast food in un centro commerciale all'ora di pranzo?
Di quelli con gli altoparlanti nel parcheggio, che diffondono la musica con il tipico tono da megafono, che sembra che arrivi da lontano. Se poi parcheggi al coperto si aggiunge anche l'eco causato dal seminterrato a cui si mischia lo stridere delle gomme delle auto che fanno manovra.
Quando poi si entra nell'edificio le canzoni si mischiano ai rumori dell'umanità che si muove all'interno; si trova sempre qualcuno che canticchia il pezzo del momento così come tante persone sole ai tavolini che mangiano, ognuna con i suoi pensieri vicino.
Non sono così melodrammatico da ritenere di essere il solo con una storia difficile da gestire, però il centro commerciale per me è un luogo in cui sentirsi in solitudine, dove difficilmente vieni notato.
Carrelli della spesa, abbigliamenti improbabili, bambini che urlano, odore di fritto, cosa c'è di peggio di un centro commerciale all'ora di pranzo?
Niente, appunto.
Quasi vent'anni
Luglio 2008
Quasi vent'anni è il tempo passato dal momento in cui l'ho conosciuta.
Quello che è scattato allora è già stato oggetto di pagine e filmografia, poi il tempo ha avuto ragione per un lungo periodo. Il pensiero era sempre a lei, a quello che era stato, che avrebbe potuto essere.
Persa di vista, senza contatti, sono passati anni alterni nei quali il bisogno di ritrovarla era asfissiante e sopito ma sempre presente.
Poi tramite altre conoscenze ho saputo dove si trovava; ho aspettato parecchio prima di chiamarla, dopo tutto quel tempo ero ancora più indeciso.
Dopo il primo appuntamento - neutro, asettico, falso - non ce l'ho fatta più, sono ritornato a vent'anni prima ed ho preso una porta in faccia.
"E' tutto finito", ho pensato, insieme alla porta si era chiuso anche il passato: cancellato.
Ma era come il mare che si gonfia al largo, non si vede, ma, quando arrivano, le sue ondate sommergono e spazzano via gli ostacoli. E' squillato il telefono, ho riconosciuto il suo numero. Un uragano.
Quasi vent'anni è il tempo passato dal momento in cui l'ho conosciuta.
Quello che è scattato allora è già stato oggetto di pagine e filmografia, poi il tempo ha avuto ragione per un lungo periodo. Il pensiero era sempre a lei, a quello che era stato, che avrebbe potuto essere.
Persa di vista, senza contatti, sono passati anni alterni nei quali il bisogno di ritrovarla era asfissiante e sopito ma sempre presente.
Poi tramite altre conoscenze ho saputo dove si trovava; ho aspettato parecchio prima di chiamarla, dopo tutto quel tempo ero ancora più indeciso.
Dopo il primo appuntamento - neutro, asettico, falso - non ce l'ho fatta più, sono ritornato a vent'anni prima ed ho preso una porta in faccia.
"E' tutto finito", ho pensato, insieme alla porta si era chiuso anche il passato: cancellato.
Ma era come il mare che si gonfia al largo, non si vede, ma, quando arrivano, le sue ondate sommergono e spazzano via gli ostacoli. E' squillato il telefono, ho riconosciuto il suo numero. Un uragano.
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